Frosinone – I dati sulle PM10, Unindustria: «Servono misure su riscaldamento domestico. Auto e industrie incidono poco»

FROSINONE – 09 DIC – Per risolvere l’annoso problema delle Pm10 a Frosinone, e nel resto della Provincia, servono misure legate al riscaldamento domestico, la vera causa delle polveri sottili.

Lo dice, numeri alla mano, Unindustria Frosinone per bocca del suo presidente Giovanni Turriziani.

Anche nel giorno dell’Immacolata, intanto, tre centraline dell’Arpa Lazio dedite al rilevamento delle polveri sottili hanno sforato. Quelle di Frosinone Scalo, Cassino e Ceccano. Tutte e tre hanno superato il limite dei giorni consentiti portandosi rispettivamente a quota 54(Frosinone scalo), 46( Cassino ) e 65 (Ceccano).

Qualcosa rispetto al passato è comunque cambiato. Unindustria Frosinone mette a confronto gli ultimi 15 anni nel capoluogo. La riduzione come giorni di superamento di Pm10, a Frosinone Scalo, c’è stata. Nel 2005, nel periodo 1 gennaio – 4 dicembre, erano stati 102, ora poco più di 50.

Analizzando anche i dati dell’Ispra nel periodo 2005-2015 – sottolinea Unindustria –  vi è stata una riduzione del 27% delle tonnellate di PM10 emesse su Frosinone. Il contributo delle diverse fonti di emissione ha subito una significativa evoluzione. Quello del trasporto su strada si è ridotto passando dal 41.5% nel 2005 al 27.7% nel 2015. Al contrario, il riscaldamento domestico è passato dal 29.3% al 56.6%, diventando, di gran lunga, la fonte di emissione più impattante quando si parla di PM10. Il ruolo dell’industria, invece, resta marginale, ferma all’11% circa.

«I Comuni – dice Turriziani –  possono applicare tutti i blocchi del traffico, così come gli enti preposti potranno bloccare ogni autorizzazione industriale, ma senza adottare misure per le emissioni prodotte dal riscaldamento domestico, a cominciare dalle caldaie a biomassa, i dati non potranno mai migliorare. Servono – osserva – altre misure che non riguardino l’industria o la circolazione”.

In questa direzione – dice Turriziani –  si sono già mosse Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte che hanno modificato i rispettivi Piani di risanamento. Anche la Regione Lazio, lo scorso anno, ha stipulato con il Ministero dell’Ambiente un Accordo di programma per contenere le emissioni anche da fonti residenziali. Ad oggi, però – osserva Unindustria – si è in attesa degli atti formali che recepiranno e renderanno prescrittivi gli impegni presi.

Per Turriziani sarebbe opportuno che «nel Lazio ed in particolar modo nella Valle del Sacco, l’operatività di alcune misure, come quelle che riguarderanno il divieto di utilizzo delle caldaie a biomassa più impattanti, sia anticipata rispetto al 2022, termine attualmente previsto dal suddetto accordo».