Gli investigatori sono alla ricerca di telecamere, anche nelle zone limitrofe, che possano aver immortalato gli spostamenti di chi ha posizionato il materiale esplosivo tra due vasi esterni all’abitazione del giornalista Sigfrido Ranucci che poi ha fatto deflagrare accendendo la miccia la notte di giovedì poco dopo le ore 22. Un passante avrebbe visto la sera dell’attentato un uomo incappucciato nelle vicinanze e non è escluso che l’autore abbia studiato gli spostamenti del giornalista e il percorso seguito per rientrare a casa. Sempre nei dintorni dell’abitazione è stata ritrovata un’auto, una 500, risultata rubata e anche su questo gli investigatori sono al lavoro. Analisi, intanto, sono in corso da parte gli esperti del Ris sui reperti dell’ordigno, composto da un chilogrammo di esplosivo.
Nell’inchiesta, coordinata dal pm della Dda Carlo Villani che ha delegato le indagini ai carabinieri dei nuclei investigativi di Roma e Frascati, si procede per i reati di danneggiamento e violazione della legge sulle armi in relazioni all’ordigno esploso, entrambi aggravati dal metodo mafioso. Un’indagine che non tralascia al momento alcuna pista alla luce del lavoro d’inchiesta su più fronti portato avanti dal giornalista da anni. Lo stesso Ranucci, al termine dell’audizione in Procura davanti al pm titolare del fascicolo e al procuratore capo Francesco Lo Voi, ha spiegato di aver “delineato con i magistrati un contesto. Ci sono quattro-cinque tracce importanti – ha detto lasciando piazzale Clodio – che però per coincidenza alla fine riconducono sempre agli stessi ambiti”.
Un attentato che il giornalista, per il quale è stato innalzato il livello di sicurezza, ha definito “un salto di qualità” dopo le minacce già ricevute dal 2021. Le piste seguite al momento conducono a una possibile rete criminale composta da soggetti legati alla malavita locale, al tifo organizzato più estremo e ad ambienti dell’ultradestra. Oppure ad ambienti malavitosi, dopo un’inchiesta di Report sull’eolico nel nordest e il coinvolgimento dell’andrangheta.





