Cassino – Mollicone, lunedì penultimo atto con le controrepliche del Pm

E’ un finale al cardiopalma quello che lunedì si appresta a vivere davanti la Corte d’Assise del Tribunale di Cassino il processo per la morte di Serena Mollicone. Il programma prevede, dalle 10, la conclusione delle arringhe difensive dei principali tre imputati, Franco, Marco e Annamaria Mottola, con l’intervento dell’avvocato Francesco Germani che completerà quelli alternatisi tra mercoledì e giovedì dei colleghi Enrico Meta, Piergiorgio Di Giuseppe e Mauro Marsella. Ma, alla vigilia della sentenza in programma venerdì, un crocevia è rappresentato lunedì dalla controreplica del sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo, il magistrato che nel 2016 ha contribuito, più di tutti, a riaprire le indagini sulla morte di Serena. Soprattutto le arringhe degli avvocati  Di Giuseppe e Marsella hanno tentato di picconare il castello accusatorio della Procura aggiungendo un tassello sinora inedito: nell’ora presunta in cui l’ex comandante Mottola con l’aiuto della moglie Annamaria avrebbe abbandonato il corpo senza vita di Serena nel boschetto di Fonte Cupa papà Guglielmo avrebbe ricevuto alle 00.43 del 2 giugno 2001 una telefonata del Comandante Mottola che, facendo il punto sulle ricerche nel frattempo avviate, lo invitava a recarsi in Caserma. Che questa telefonata sia stata fatta lo scrive il successore di Mottola alla guida della stazione di Arce, il comandante Gaetano Evangelista, in un’informativa del 2007 in cui faceva relazionava alla Procura sulle indagini del delitto avvenuto sei anni prima.

La controreplica della  dottoressa Siravo è attesa dopo che la difesa della famiglia Mottola ha definito inattendibili le dichiarazioni del brigadiere suicida Santino Tuzi – a suo dire aveva fatto altrettanto la Procura nel 2016 per poi cambiare idea – lo scarso peso scientifico dei rilievi eseguiti dall’autorità inquirente  (nessuna delle impronte trovate su nastro adesivo con cui fu immobilizzato il cadavere della studentessa uccisa appartiene ai cinque imputati) escludendo, di fatto, che la porta del bagno dell’alloggio della caserma dei Arce possa essere stata l’arma del delitto avvenuto venerdì 1 giugno 2001.