Colleferro – Diagnosi ritardata ed errori nella trasfusione. Maxi risarcimento per i familiari di una donna

E’ morta nel 2011 a 77 anni – secondo i giudici-  per gravi errori medici fra cui una trasfusione di sangue all’ospedale di Colleferro che era destinata ad un altro paziente.

     A 9 anni dal decesso di una donna di Artena arriva il risarcimento ai figli di circa 1 milione e 400 mila euro.

     Lo ha stabilito il Tribunale di Velletri che ha riconosciuto agli eredi tutti i danni richiesti dall’avvocato Renato Mattarelli che ha assistito la famiglia della paziente contro l’Asl Roma G a cui fa capo l’ospedale Parodi Delfino di Colleferro.

     Nelle 43 pagine della sentenza il giudice Unmarino ha dichiarato la responsabilità dei sanitari per non aver tempestivamente diagnosticato alla 77enne la Sindrome di Guillain-Barrè e di aver somministrato per errore trasfusioni di sangue destinate alla paziente del letto accanto.

     Secondo i giudici l’omessa diagnosi provocò l’aggravarsi della malattia che, se tempestivamente curata, avrebbe evitato la morte della paziente con elevate probabilità visto che la mortalità era stimata fra il 2-3% al momento del ricovero.

     L’avvocato Renato Mattarelli ha evidenziato durante il processo come anche l’errore trasfusionale abbia inciso sul decesso, non solo come causa dell’immediato scompenso della reazione immunitaria da incompatibilità del sangue destinato ad altro paziente, ma anche come contributo allo stato settico e soprattutto la mancata annotazione in cartella clinica dell’emotrasfusione.

     L’avvocato Mattarelli ha precisato che la mancata registrazione dell’errore trasfusionale nella diaria ha inciso pesantemente sulle successive cure dei medici del Policlinico Umberto I di Roma che hanno in un secondo momento preso in carico la paziente.

     Per l’avvocato Mattarelli “oltre ad un evidente illecito (quello di coprire l’errore trasfusionale, omettendone grossolanamente l’annotazione), ancor più grave è stato il non aver documento ai medici del Policlinico l’esatto quadro clinico in cui si trovava la paziente al momento del trasferimento e, quindi, di aver impedito una corretta diagnosi e terapia per la cura della reazione immunitaria post-trasfusionale”.