Latina – Caritas contro Regione: “E’ mancato il coraggio di combattere l’industria dell’azzardo”

Non usa mezzi termini contro la Regione Lazio:  la Caritas   di Latina-Terracina-Sezze-Priverno  ce l’ha con chi a suo dire, non ha avuto il coraggio di dare una sferzata al contrasto al gioco d’azzardo.

Il riferimento è al consiglio regionale di venerdì in cui sono state modificvate alcune norme che regolano il settore.    Con le nuove disposizioni viene eliminata la retroattività degli obblighi di distanza delle sale da gioco dalle aree sensibili, che si riduce da 500 a 250 metri ma varrà solo per le nuove sale. Nessun limite di distanza, quindi, per gli esercizi pubblici commerciali e le sale da gioco già esistenti alla data in vigore della nuova disposizione rispetto alle aree sensibili, quali istituti scolastici, centri anziani, luoghi di culto. Le nuove norme prevedono,però, la riduzione della frequenza delle singole giocate a non meno di una ogni 30 secondi; la separazione netta tra lo spazio dedicato agli apparecchi da gioco e gli altri ambienti degli esercizi; una pausa obbligatoria di 5 minuti ogni trenta minuti di gioco consecutive.

Poco, troppo poco, dice la diocesI di Latina se si vuole davvero contrastare quellA che deve essere considerata una vera e propria dipendenza 

Come Caritas del Lazio siamo stati interpellati dalla Regione sul tema    , ma non possiamo non rilevare che si poteva fare molto di più per un reale impegno di prevenzion            e  e contrasto.

  Nelle cinque province del Lazio           – prima della pandemia             – risultavano attive slot machine in ben 5700 pubblici esercizi , quali bar, tabaccherie, lavanderie, cartolerie peR run giro d’affari incredibile che nel 2021 ha superato gli 11 miliardi, per una spesa stimata ad oltre 2000 euro all’anno per ciascun residente.

Senza pensare che nelle sale slot specializzate non c’è alcun vincolo d’orario.

Le Caritas del Lazio nelle prossime settimane faranno un appello ai Sindaci dei comuni delle  rispettive Diocesi chiedendo, per quanto concerne le loro competenze           – in primis per gli orari  di apertura degli esercizi  – ,    di stringere le maglie cosa che – sostiene la diocese di Latina – la regione non ha avuto il coraggio di fare.