Latina – Frode, bancarotta e auto-riciclaggio nella gestione dei migranti: nella rete l’intero cda di Karibu

Arresti domiciliari e obbligo di dimora rpesso il comune di residenza per i membri del consiglio di amministra-zione della cooperativa sociale integrata Karibu. Sequestro preventivo del profitto del reato nei confronti degli stessi e di un altro soggetto legato a loro da vincoli di parentela attualmente domiciliato all’estero.
Le accuse arrivano a seguito di una fitta attività di indagine condotta dalla procura di Latina e dlala guartdia di finanza che ha consentio di accertare – stando alle accuse – reati di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolente patrimoniale (per distrazione) ed auto riciclaggio.
Ritengono gli inquirenti che le cooperative karibu e consorzio agenzia per l’inclusione e i diritti italia, nonché la jambo africa per tramite di Karibu, hanno percepito ingenti fondi pubblici da diversi enti (prefettura regione, enti locali) destinati a specifici progetti di integrazione e assistenza di immigrati, rifugiati e minori non accompagnatui che però – stando alle accuse – ricevevano un servizio inadeguato, e comunque molto diverso risspetto a quello indicato su carta.
Diverse le criticità accertate nella gestione degli stranieri: dal sovrannumero degli ospiti, ma anche alloggi fatiscenti, condizioni igieniche precarie, presenza di topi e blatte, riscaldamento assente o comunque non adeguato alla stagione, carenze nell’erogazione dell’acqua calda, abiti e cibo di scarsa qualità o comunque non sufficienti ad espletare le quotidianite necessità degli ospiti.
A conferma è quanto gli inquirenti hanno avuto modo di accertare nei cas di aprilia in via lipari, a Latina presso l’hotel de la ville central, a maenza presso casal dei lupi, gestiti dalla Karibu, ma anche quelle nei cas di latina in via romagnoli e via del Pioppeto, gestiti dal Consorzio aid.
Le carenze subite dagli stranieri, accertate dagli ispettori della prefettura, insieme al personale della asl di latina e ai vigili del fuoco, permetteva ai soggetti finiti oggi nella rete di accumulare risparmi utilizzati – stando alle accuse – per spese varie, da abbigliamento di lusso ad accessori, passando per gioielli hotel e ristoranti di rpegio.
Una parte di quel profitto , illegittimo secondo gli inquirenti – veniva poi trasferito all’estero (Ruanda, Belgio, Portogallo) e reimpiegato in attività imprenditoriali a scopo di lucro.